La fragilità del cambiamento

Sono passati quasi quattro mesi da quel Nove Marzo 2020 che mai dimenticheremo, quando ci siamo chiusi in casa, tutti, per proteggerci da un virus invisibile (e che ancora, tra l’altro, c’è…)

Bastano quattro mesi per apportare dei cambiamenti nella propria vita?

Empiricamente, dico di si.
Se mi guardo intorno e se mi guardo dentro, tanto è cambiato di noi in quel tempo sospeso.

In realtà il mondo sembra aver ripreso i suoi ritmi come se nulla fosse accaduto. Ma quando sento dire che “non è cambiato nulla” capisco che chi lo sta dicendo è una persona che non si vuole prendere la responsabilità di essere lui per primo diverso, sempre in attesa che siano gli altri a fare e lui ad adattarsi.

Abbiamo attraversato tre fasi, ma in realtà ne abbiamo vissute mille. E tanta forza abbiamo scoperto di avere, perché è vero, a volte “bisogna farsi crescere le ali durante la caduta“, senza preavviso. Con quello che abbiamo.

Durante il lock down abbiamo avuto, tra le tante, una grande perdita, quella di Ezio Bosso. Un essere umano incredibile! Un esempio di vita, e poi… ecco un’altro terribile incidente, quello di Alex Zanardi. Ho un nodo in gola da quando è accaduto. Perché il suo esempio mi ha cambiato la vita anni fa, letteralmente, quando sentendolo raccontare come ha reagito al primo incidente in cui ha perso le gambe ho deciso finalmente di affrontare un mio problema a lungo trascinato. E in attesa che si riprenda anche questa volta, perché non posso credere che non succederà, sento che sta a me, a noi, essere i nuovi testimoni della ri-esistenza. Perché abbiamo bisogno di esempi, di esseri umani forti nella loro fragilità che ci mostrano come si vive da super uomini.

“Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa.”

Parlando di me. La mia ri-esistenza, auspicata nel mio ultimo post, è veramente iniziata. La forza di “ri-agire” per re-agire che mi ha tenuta viva in questi mesi è nata anni fa, proprio stimolata, come dicevo, dall’esempio di Zanardi. Ma anche da mia madre e da tutte quelle persone che non si sono mai arrese. Ora sta a me, a noi, andare avanti con la metà che ci è rimasta, senza vittimismo, senza attendere che sia il mondo a cambiare, diventare noi il cambiamento necessario.

Non voglio dire che non ho paura o ansia del futuro. Non voglio dire che dormo tranquilla, senza rimpianti. Nessuna illuminazione sulla via di Damasco per me. Ma ancora una volta mi trovo ad affrontare un presente che non avevo programmato, e mi trovo a non avere una visione di quello che sarà il futuro. Ho però più chiaro chi sono e anche cosa vorrei e posso fare, ed è da qui che scelgo, umilmente, di ripartire. Ancora una volta, e credo che non sarà nemmeno l’ultima.

Quando, poche settimane fa, ho finalmente potuto riabbracciare la mia famiglia, immergermi in mare, mi è sembrato un miracolo! Ci speravo… ma non ci credevo che sarebbe potuto succedere! Eppure, di nuovo, la vita ci ha accontentati!

Voglio raccontarvi di come ho finalmente trovato una nuova attenzione dell’uso del tempo. Sin da piccola odiavo non avere niente da fare, ma ora che ho potuto ascoltarmi, ho imparato a usare il tempo per pensare, studiare, capire cosa mangio, impastare pizze, suonare l’ukulele, stare con amici e famiglia e tempo per… cucire. Cucire parole, ricucire il mio cuore sparso in mille parti nel mondo. Buone pratiche che sto continuando a portare avanti.
E’ stato come un check up completo delle nostre esistenze, un ascolto sincero del nostro respiro e del battito del nostro cuore. Una nuova attenzione alla nostra essenza, a chi siamo interiormente, dato che tutto il resto era lontano da noi o non ne avevamo accesso. (Questo sguardo lo dovremmo tenere sempre vigile e attento!) Così mi sono ricordata di cosa volevo fare da grande. Sono rimasta senza lavoro, pur avendo firmato un contratto a tempo indeterminato solo un anno fa. Ma senza troppa meraviglia, perché non credo “a un tempo indeterminato”, piuttosto in un tempo determinato dalla volontà di fare un percorso insieme. Così, mi sono iscritta a un corso di alta formazione per imparare a progettare in modo partecipato. Perché in questo periodo di solitudine, è stata la mia rete di affetti a salvarmi, e sono sempre più convinta che è importante tornare a fare comunità.

Nuovi battiti, nuovi occhi.
Un cambiamento fragile, obbligato, in cui ci possiamo riscoprire forti.
Non so come sarà il mondo in futuro, ma credo che se ognuno di noi sarà se stesso e si concentrerà nella propria crescita di essere umano, abbiamo una possibilità.

Io proseguo con fiducia e persevero nel mio “uscire sola”, nel senso che ascolto i miei desideri e cerco di andarci fino in fondo. E quanto è bello, ora, guardarsi negli occhi, ri-conoscerci, e riprendere il cammino insieme.

E voi? come state?

… ci sono cose in un silenzio…

... che non mi aspettavo mai…

9 aprile 2020.
Da un mese sono forzatamente chiusa in casa, obbligata da tale “Covid-19”.

Penelope non esce più. E’ una quarantenne in quarantena.
Lei e tutto il resto del Mondo.

Sono a Roma. Abbraccio solo i miei gatti. Parlo con il mondo attraverso il cellulare. Suono l’ukulele. Non ho mai iniziato a studiare inglese (era il primo proposito che avevo fatto!). Cucino nuove ricette per me e la mia coinquilina. Ho ripreso a fare yoga. Novità: non pianifico più nulla!

Spero di non dover mai incontrare, di persona, questo Covid-19! Anche se è già presente nelle nostre vite più di quanto vorremmo, e ci dovremo convivere a lungo. Si è preso il nostro tempo, i nostri cari… mi auguro non i nostri sogni, la nostra voglia di vivere.

Non sopporto chi definisce tutto questo una “guerra”.
Io non mi sento in guerra. Mi sento piuttosto in un tempo sospeso, in un presente che ci sta chiedendo di essere lucidi, sul pezzo.
Nelle rare volte in cui esco di casa sento una sorte di dissonanza. E’ come se ci sforzassimo di far si che tutto prosegua nella “normalità”, ma cosa possiamo definire “normale”?? Soprattutto in questo periodo?
Il mondo va avanti. La Primavera è arrivata nonostante noi. E questa, ORA, è la nostra vita.
Si, quella vita che avevamo reso frenetica, che ci voleva sempre pronti, brillanti. E’ sempre lei, e noi siamo sempre i protagonisti. Non possiamo delegare nessuno, niente ferie o vacanze. Questa pandemia va affrontata con la mascherina sul volto, i guanti, gli occhi e i cuori aperti.
Tutta la nostra umanità è chiamata a rapporto: non si può abbassare la guardia. La vita, che ha più fantasia di noi, nel momento più inatteso è esplosa e ci ha chiusi in casa a vivere.

ORA. In questo momento. Da un mese a questa parte. Per i prossimi mesi.
Lo avremo capito che niente dipende da noi?
Sempre presi a fare progetti, a organizzare… io ne ho fatto anche un lavoro!
Ma adesso ci troviamo veramente a fare i conti, finalmente, con quanto abbiamo seminato finora e a capire se e come continuare a prendercene cura.

Dice, di questi giorni, Livia Chandra Candiani:
“Questo tempo di fermo obbligato è la quintessenza dell’osservazione di cosa sto facendo della mia esistenza, di quello che conta e di quello che è superfluo, delle relazioni buone e di quelle che non nutrono o fanno danno. Di come ricevo il mondo e di cosa gli porto in dono.”


Io mi sto rendendo conto che sono in un punto che è realmente il frutto di scelte fatte in passato. Ho un bagaglio di strumenti, conoscenze, rapporti, che mi stanno aiutando ad affrontare questa pandemia, e sento che ne sto trovando di nuovi. Quindi, quanto è importante questo momento?

ORA:
Osservo
Respiro
Accolgo

Niente di più.
Questa è l’accettazione.
Non serve capire.
Bisogna solo seguire il ritmo.
Starci dentro.
Usciti di casa avremo una sola cosa: noi stessi. Cosa porteremo fuori? Chi saremo?

Io in questa ri-esistenza ci credo! Fortemente!

Ne ho già scritto per ÀP, Accademia Popolare dell’Antimafia e dei Diritti (qui, per chi fosse curioso).
Sento già un nuovo battito in petto. Ritrovo i veri amori, quelli che sono ancora parte di me, a prescindere da “come sono andati a finire” , e non parlo solo di uomini, ma di amicizie, luoghi, sogni. Tutti qui, con me. Ed è da loro che riparto.

A distanza di un mese, finalmente la vedo la mia vita, la morsa in cui ci siamo chiusi. Avevamo la libertà e il tempo… in realtà non eravamo veramente liberi e non avevamo il tempo per crescere, per conoscere e farci conoscere, cucinare, pensare, prenderci cura di noi stessi e di chi amiamo, della nostra casa, della nostra anima, del nostro spirito.
Mi sembra di soffocare a ripensarci.

Lo dico: mi sento grata per questo periodo. Del “dopo” che seguirà questa pandemia. Non fraintendetemi, non sono “felice”. Perché mi manca da morire l’abbraccio di mia madre e di mio padre, mia sorella, il mare, il teatro. Perché in questo momento sono in cassa integrazione, e uscirò da qui da disoccupata. Doveva essere il mio momento di rilancio, vivere i favolosi 20+20, l’età più bella per una donna! Invece… sono fisicamente bloccata in casa. Senza una prospettiva.
Ma vi assicuro che la mia mente sta viaggiando più veloce della luce.
Mi sto permettendo di pensare, ragionare, osservare, scrivere, suonare, conoscermi, conoscere chi ho accanto.

Ho fiducia nel fatto che se tutti noi ci abbandoniamo a questo tempo, senza opporre resistenza, se ci stiamo dentro, il nostro presente sarà migliore. E ricordiamocelo: il futuro sta nascendo ORA.

Non dimentichiamo che questo periodo sospeso sta facendo emergere il bello e il brutto che si nasconde dentro ognuno di noi.
Allora io ho deciso di riscoprire le mie doti e provare a correggere i lati oscuri.

Non lo voglio dimenticare questo momento. Per questo ho cucito un arazzo che porterò per sempre con me.

Ci sono le parole di Mariangela Gualtieri. Nessuno meglio di lei ha saputo dare un senso a questo periodo insensato. Parole eterne, che devono ricordarci che siamo parte di un universo che ha le sue regole, tutto è collegato, e questo tempo ha sicuramente la sua funzione. Non solo quella di bloccare un virus: io mi auguro anche quella di farci tornare ad accarezzare il Mondo con un tocco consapevole.

Questo è un inizio. Vero.
Una ri-esistenza.
Senza fretta, senza ansia…. qualcosa in noi è già cambiato.
Respiriamo.
Continuiamo il nostro percorso.
Da soli… ma insieme!

Coltiviamo la malinconia per le cose che amiamo fare veramente, per chi amiamo veramente. Presto potremo uscire… e correre verso di loro!

Ricaricarsi CON la natura

Non avrei mai creduto che nel giro di un mese avrei avuto due avventure da raccontare! Eppure, dopo un’emozionante viaggio in Irlanda, sono finita sulle Dolomiti! Un viaggio che segnerà per sempre un “prima e un dopo”, per come è nato, per come si è svolto, e per i cambiamenti che sta portando nella mia vita. Fatico a raccontarlo, ma credo sia importante farlo per testimoniare che le belle cose, quando meno te l’aspetti, accadono.

Un giorno, distrattamente, ho letto su un giornale online che ci si poteva candidare per andare gratis 5 giorni sulle Dolomiti! Unica regola: niente cellulare. Una digital detox per scaricare lo stress in mezzo alla natura, offerto e organizzato da Heart of the Dolomites. Con il mio solito entusiasmo ho proposto ad altri di provarci, ma nessuno si è fidato o ha potuto farlo. Il giorno prima di partire per l’Irlanda ho girato un video e ho inviato la mia candidatura, senza crederci troppo, ma solo per non avere rimpianti.

A rivederlo ora, il video mostra una me molto emozionata, che fa trapelare un reale bisogno di staccare. Non di fuggire, ma di staccare. Staccare il telefono significa isolarsi, prendere una pausa dalla solita routine, dalle mille notizie e richieste che arrivano da tutte le parti del mondo. Dismettere i panni che indossiamo nella vita, per cercare di rimettersi in contatto con noi stessi. Ora che mancano solo 6 mesi ai miei X0 anni (anche se per fortuna continuo a dimostrarne meno!!!), avevo bisogno di fermarmi, respirare, ascoltare la mia voce interiore troppo spesso soffocata dal vociare degli altri. Sognavo tramonti infiniti, montagne, caprette, silenzio. Beh… anticipo che ho trovato molto di più!

Dopo pochi giorni dall’invio della mia candidatura, ero in Irlanda, stavamo andando verso la scuderia per andare a cavallo, ero felice, cantavo nella macchina guidata da Gigi, Giuly al mio fianco, quando è arrivata l’email che mi comunicava che tra 19.100 persone ero tra i 10 prescelti!! 19.100 persone da tutto il Mondo e loro, hanno scelto me. Pazzesco. In quel preciso momento mi sono sentita la persona più fortunata del mondo. Poi mi sono ricordata del mio libro preferito: “La fortuna non esiste”. Ed è vero.

Piuttosto preferisco credere che la felicità è una scelta e che se la scegli lei sceglie te. E così io, che avevo scelto di provarci, di mettermi a nudo e di tentare, scelta tra 19.100 persone, dal 13 al 17 settembre sono andata sulle Dolomiti per condividere un’avventura con altri nuovi 9 sconosciuti.

Poche le notizie che avevo, solo la destinazione: un aereo prenotato, consigli su cosa portare, e l’indicazione di dove avremmo dormito, il Rifugio Falier.
Preparare uno zaino per un’avventura così misteriosa non è stata cosa facile. Sapere di non avere il cellulare comporta di dover portare, tra le altre cose, libri, un quaderno e una penna, una torcia, una macchina fotografica e… un dizionario di inglese dato che quella sarebbe stata la lingua utilizzata per poter dialogare con i miei compagni.

Arrivato il giorno del viaggio, cuore a mille, e tanti pensieri. Cosa stavo lasciando a casa? Di cosa avrei avuto nostalgia in quei giorni così isolata? E cosa avrei trovato al mio rientro? Pensieri che si sono dileguati non appena ho visto i miei compagni di viaggio. Ad aspettarmi in aeroporto alcuni degli organizzatori con un cartello in mano e i primi 5 arrivati. Ogni dubbio e perplessità se n’è andata al primo abbraccio. Chiacchiere (ancora in italiano… per fortuna!), primo pranzo tra le montagne accompagnato da un buon vino, ed eravamo già una squadra. Ci siamo poi riuniti tutti e 10 i fortunati, arrivati da tutte le parti del mondo, Brasile, Slovacchia, Londra, Lione, e dopo i saluti istituzionali, le presentazioni, abbiamo dato in consegna i nostri cellulari e ci siamo diretti a piedi al nostro Rifugio. Una camminata di 2 ore che ci ha lentamente portati lontani dalle nostre vite, dai nostri mondi, e ci ha catapultati in un mondo parallelo.

Ha avuto così inizio una delle avventure più belle che io abbia mai vissuto.Solo al mio rientro nella “vita reale”, quando hanno iniziato a chiamarci i giornalisti, quando tutti mi hanno chiesto incuriositi come era andata, ho capito che quella che sembrava una semplice vacanza, in realtà, è stato un piccolo gesto rivoluzionario. Un’eccezione alla regola che ci vuole sempre connessi, sempre disponibili e pettinati. 

Noi per 5 giorni ci siamo isolati dal mondo ma ci siamo connessi con la natura, con noi stessi e tra di noi. Ci siamo fatti coccolare da Franca e Dante, che gestiscono il Rifugio Falier sotto la Marmolada. Calore, buon cibo, sorrisi e abbracci. La Valle dell’Ombretta ci proteggeva. Le nostre giornate sono passate nella semplicità. Dormire in un rifugio richiede spirito di adattamento. Camerate con letti a castello, due soli bagni per tutti. Eppure ci sentivamo come in un albergo di lusso. Perchè il lusso era avere il sole che sorgeva proprio davanti alla nostra finestra e ci colorava d’oro. Il silenzio. Le caprette la mattina che venivano a salutarci e a farsi coccolare. Lo scorrere tranquillo del tempo.Ogni giorno una scoperta. Lo yoga, il Forest Bath, lo Stone Balance, il Bagno sonoro. Ho ascoltato il mio corpo, abbracciato un albero, camminato scalza sulla terra, vibrato al suono delle campane tibetane, costruito un ponte con i sassi.Ogni giorno facevamo anche meditazione con la Mindfulness, scrivendo ogni sera nel nostro “Diario della gratitudine” tre ringraziamenti per le cose vissute durate la giornata. E poi tanto trekking e camminate. Sono tornata bambina! Con quella semplicità e leggerezza che tanto mi mancavano. Adolescenti degli anni ’90, che trascorrevano il tempo a conoscersi, giocare, ridere, piangere, abbracciarsi, brindare ai nostri desideri.

Non abbiamo mai affrontato veramente il tema “cellulare”. Non eravamo li per “disintossicarci dallo smartphone”, noi avevamo bisogno di riconnetterci con noi stessi. Con il presente. Con le vite che ci passano accanto e che spesso nemmeno notiamo.

Ed ecco cosa mi è rimasta di questa esperienza. Mi è rimasta un’attenzione maggiore del qui ed ora, un amore per me stessa e la mia vita che avevo perso. Accendo il telefono più tardi la mattina, non ho più la necessità di condividere tutto quello che faccio perchè preferisco viverlo, assaporarlo. Mi sento forte. Capace di scalare una montagna. Proseguo la mia ricerca della Felicità con cuore e occhi spalancati, predisposta ad accogliere ciò che incontro, persone, luoghi, situazioni. Cerco il mio ritmo, ascolto il mio respiro e lo accetto così com’è.

Credo che questo ricordo possa riassumere in pieno quello che ho vissuto: il nostro ultimo trekking verso la vetta della Marmolada. Non avevo voglia di andare, ma l’entusiasmo degli altri mi ha convinta che non potevo perdere quest’ennesima, ultima avventura. Ho faticato tanto, ma mi sono concentrata nella ricerca del mio ritmo. La camminata è stata una sorta di meditazione. Arrivati a un certo punto non ce la facevo più a salire, e mi sono fermata ad aspettarli. Io, sola, davanti alla vallata. Ho meditato, scritto, letto, creato l’ennesima torre di pietre. Poi i miei compagni sono tornati da me, a prendermi. Non mi sono mai sentita sola. Ero tutt’uno con la bellezza che c’era davanti e dentro di me. 

Ora mi sono rimasti Carol, Ionela, Ivana, Valentina, Fulvio, Michel, Igor, Josef, Lucas. PDC = Pezzi Di Cuore, siamo i 10 fortunati non solo perchè abbiamo potuto vivere questa esperienza, ma per tutta la bellezza che ci siamo portati via.Il cellulare lo uso principalmente per stare connessa a loro e a chi amo e mi sta lontana. Rapporti condivisi, reciproci, reali.

Grazie a chi ha reso possibile tutto questo: Emma, Dott. Alberto, Amina, Elisa, Valentina, Giada, Marisa, Adriano, Samir, Dante e Franca. E Mauro, mio pezzo di cuore, che mi ha ricordato che devo seguire il mio ritmo, che posso arrivare ovunque, e che sono bella quando mi emoziono! Mi avete insegnato cosa significa “resilienza”, voi che amate così tanto il vostro territorio, che avete deciso di lavorare li, di investirci e di reagire ai danni provocati dai temporali dello scorso anno. Siete stati un forte esempio.

Perchè “Penelope esce sola” ma nel suo cammino ha sempre la fortuna di incontrare compagni di viaggio speciali. Voi siete tra questi.

to be continued…

2017, io e te dobbiamo parlare

Caro 2017,
sei entrato da pochissimo e credo sia importante iniziare questa nostra avventura presenandoci. Ci aspettano ancora 363 giorni da vivere insieme, non sono tantissimi, ma è imporante capirsi e partire con il piede giusto.

Sappi che i 36 anni che ti hanno preceduto hanno fatto di me una combattente.

I tuoi predecessori hanno avuto la fortuna di vedermi crescere, maturare, fare tante sciocchezze e sbagli, ma anche raccogliere tante soddisfazioni, tanto amore e mi hanno vista ridere e piangere tantissimo.
Le vedi queste impercettibili (!!!) rughe di espressione? Ci sono perchè io rido sempre, amo ridere, anche quando sono preoccupata, io rido. E quest’anno vorrei ridere ancora di più!

Il 2016 è stato anno bisestile, e si sa, “anno bisesto, anno funesto“. E’ iniziato nel migliore dei modi, ero in Messico… Ma… già dal primo giorno ero disoccupata.
E’ stato comunque l’anno dei grandi cambiamenti. Delle scelte. Delle sfide. L’anno dei tre festival. Ho perso un lavoro ma ne ho ritrovati altri. Ho conosciuto nuovi compagni d’avventura, alcuni li ho persi per strada. Ho iniziato nuovi progetti ed altri stanno maturando nella mia testa.

Comunque sia andato il passato, mio caro 2017, sappi che da te non mi aspetto nulla.
Nessuna aspettativa. Nessun nuovo desiderio espresso allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre.

Sono anni che elaboro desideri. Alcuni li ho realizzati, altri li ho persi per strada. Su tanti non mi sono mai applicata. Quindi quest’anno mi terrò i miei desideri di tutta una vita e mi impegnerò a portarli a termine. Farò degli sbagli, lo so, ma non fa niente, non ambisco alla perfezione.

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Aiutati che Dio ti aiuta. Mi rimbocco le maniche e mi metto a lavoro.

Tu, caro 2017, sorprendimi. Metti nella mia strada delle sorprese. Ecco! Vorrei delle sorprese! Non voglio programmare troppo i prossimi mesi, vivrò alla giornata, con stampati bene nel cuore i miei desideri, e chissà, magari ne nasceranno anche degli altri.

Bene, ben entrato nella mia vita 2017. Di mio ci metto la curiosità, l’apertura verso nuove proposte, cercherò di non rimandare sempre le cose (!!!), ci metterò la speranza e la tenacia. Ah! Oggi sono andata a rifare il passaporto… Sono sicura che comunque vada sarà un successo.

Dolce far niente

C’è chi ne ha fatto uno stile di vita, chi ci ha scritto libri, chi una canzone. Giulia Roberts in un film di forte ispirazione, “Prega, ama, mangia“, ne decanta le propietà curative e viene proprio in Italia a imparare come si fa!

In una società in cui il profitto e l’ottenere risultati sono al primo posto, non sottovalutiamo l’importanza del DOLCE FAR NIENTE.

Lo ammetto, io ho sempre avuto grossi problemi a gestire le vacanze e i periodi di pausa forzata! C’è un sottile senso di colpa che mi attanaglia quando me ne stò con le mani in mano, un’atavica incapacità di rilassarmi! Sarà che ci hanno cresciuti con la favola della formica e della cicala, che le vacanze le passavamo spesso con tanti compiti da fare, che se dormo dai miei genitori mi guardano malissimo quando esco dalla stanza alle 10 del mattino (loro che si alzano alle 4… tutti i giorni… senza alcun motivo!) ma io fatico a godermi le vacanze! Poi ci prendo gusto, ma i primi giorni sono una vera tortura.

Durante queste vacanze natalizie torna il supplizio: che faccio fino al 4 gennaio!?!?!
Lo so lo so, mi starete maledicendo, ma pensateci bene: in quanti sanno rendere fruttuosi i momenti di pausa?!?! Mi guardo in giro e osservo la gente che si affanna, cammina e corre. Non ci fermiamo mai!! E quando stiamo fermi, ad esempio in fila o in un bar, stiamo tutti con la faccia incollata sul cellulare, a riempire il vuoto e il silenzio con viaggi e giri sul web.

Però ho deciso: in queste vacanze natalizie Penelope si impone di imparare a rendere quest’ozio fruttuoso.

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Non fare niente aiuta a curare lo stress. Lunghi sul letto a contemplare il soffitto, meglio sdraiati in spiaggia a guardare il mare, liberando la mente da qualunque pensiero.
Ma dato che stare proprio senza far niente, dopo un pò, mi annoia, questi giorni posso concedermi di fare le cose con più calma. Non mettere la sveglia, leggere, dormire, camminare a passo lento. Guardare film, ascoltare la musica. Scrivere a mano pagine di diario. Progettare il nuovo anno che è alle porte.
Ascoltare e sopratutto: ascoltarsi.
Assaporare il cibo, la vita, con concentrazione e attenzione per memorizzare sensazioni e gusti. Educare il palato e la mente alla ricerca di ciò che più ci piace.
Meno connessi con il mondo e più con noi stessi. Le pause e le ferie sono una grande occasione per ricentrasi su se stessi e iniziare un nuovo cambiamento.

Il mio obiettivo è costruirmi una vita in cui non ho bisogno di una vacanza”, diceva Rob Hill Sr. Nuovo proposito per il 2017? Diciamo uno dei tanti… me lo consiglia anche il mio oroscopo!

E voi??? Cosa fate nel vostro dolce far niente?

Buone feste a tutti e tutte!