Si, lo so. Non scrivo da tantissimo tempo.
In mia discolpa posso dire che ho sempre ammesso dal principio di soffrire di procrastinazione cronica! Aggiungo che, purtroppo, non avendo nascosto la mia identità, un pò di paranoie sul fatto che sia opportuno o meno scrivere di me, e anche un sano “ma agli altri… che gli importa di quello che scrivo?“, me lo chiedo sempre.
Per fortuna, quindi, non dovrei essere naricista. Ma se oggi sono ancora qui a condividere la mia vita è perchè ho capito che sto facendo un percorso strano, diverso da quello delle mie ave. Sicuramente inusuale e nemmeno programmato. E forse, penso, forse a qualcuno o qualcuna può aiutare sapere che nella vita ci sono altre strade percorribili. Dato che sono in qualche modo una pioniera ho la responsabilità di raccontare.
Oppure, potrei dire furbescamente che ho fatto passare un anno per raccogliere dati. Perchè in questo anno, per la prima volta, Penelope ha veramente pensato a se stessa ” da sola”.
E’ come se avessi preso la misura di cosa significa questo “da sola”. Tutto è iniziato quando sono tornata a vivere a Civitanova. Da sola, in una casa vuota.
Non avevo mai avuto tutto questo spazio solo per me: da piccola condividevo la mia cameretta con mia sorella. All’università, a Bologna, eravamo in quattro ed ero in doppia. Poi… beh… sedici anni di fidanzamento e convivenza in angusti spazi. Chiuso questo capitolo (o forse “libro”) ho avuto una stanza e un bagno tutti miei, ma la casa era in condivisione.
Ora invece ho una casa “da sola”. E da sola ho deciso come sistemarla, come arredarla. Addirittura, per la prima volta, ho deciso cosa appendere alle pareti. Mh questo forse merita un paragrafo a parte. C’ho messo un secondo a decidere di buttare giù la parete che separava la sala dalla cucina (pensiero che covavo da quando da piccola venivo dai nonni), ma c’ho messo un anno ad appendere il primo quadro. Solo il primo però, perchè rotto il ghiaccio di quadri ne sto appendendo ovunque senza sosta.
Quando sono tornata single dopo i famosi sedici anni ricordo la sensazione di dover decidere per me. Non ero abituata. Cosa mangio io? Cosa mi piace? Cosa compro, da sola, io, al supermercato? Cosa guardo in tv?
Chi sono, io, da sola?
Ricordo la sensazione di spaesamento. Mi guardavo alla specchio e mi sembrava fosse la prima volta. Anzi… forse lo era.
A parte continuare a cucinare per quattro persone, ormai il mio carrello ideale l’ho ben definito e ho smesso di giudicarmi quando, dato che sono da sola, la mia cena spesso di riduce a patatine e birretta.
Il guidizio forse è la cosa che più difficlmente riesco a mettere da parte. Io mi giudico. Giudicavo esagerata una casa così grande solo per me. Un pò mi giudico quando entro in un ristorante e chiedo un tavolo per me sola. Mi giudico quando decido di uscire, anche se sola.
In questo anno di cose da sola ne ho fatte parecchie. E il mio compleanno lo sono andata a festeggiare a Lisbona… da sola. Anche viaggiare è una scelta importante. La paura di annoiarmi, di non sentirmi sicura, ce l’ho sempre. Ma posso assicurarvi che sono sempre stata bene.
Ovviamente bisogna saper scegliere esperienze, luoghi, e situazioni, a misura di “una persona”. Ma da quando sono uscita viva dalla mia prima volta al cinema da sola, cosa mi può spaventare ancora?
Ricapitolando, tra le varie cose da sola sono andata al cinema, a teatro, al ristorante, al bar, al museo, in macchina a fare gite fuori porta, ho preso treni, navi e addirittura aerei. Ho cambiato città e addirittura paese.
E per ultimo sono tornata a Stromboli. Quest’anno, a Pasqua, ho preso un autobus da sola, una nave e sono andata a Stromboli. Ed è qui, quando sono arrivata pensando di fare una pasqua da sola che ho capito. Io… “da sola”… non ci sto quasi mai! Salendo e scendendo dal vulcano, salutando tutto il paese, festeggiando a casa di amici… io a Stromboli non sono praticamente mai stata sola.
E ho ripensato alla mia vita. Si, ho una casa da sola. Ma… vivo con i miei due appicciosissimi gatti. A pochi metri ci abitano i miei genitori. E da quando sono tornata, pur nella difficoltà di fare nuove amicizie, ho conosciuto tantissime persone! Penelope ormai si è fatta conoscere in città, ed è diventata un’attivista politica di tutto rispetto.
Ogni tre settimane la seconda stanza viene occupata da mia sorella, e presto spero torneranno a trovarmi amiche e amici sparsi. Per non parlare ovviamente della mia famiglia, genitori in prima linea, che ok la decisione di vivere da sola ma la domenica, il pranzo, si fa insieme.
“Da sola” però non si può avere una relazione. Senza corrispondenza di sensi e intenti, questo mi è chiaro da tempo, non esistono storie. Penso che sia questa l’unica cosa che non posso fare “da sola”. Ma si può sempre amare, perchè mica è proibito avere sentimenti e provare amore e gratitudine per l’esistenza di una persona.
Quindi, tirando le somme, posso dire che da soli, se ci si conosce e ci si ascolta, se ci si ama, si sta bene. I limiti ce li imponiamo noi. Il giudizio, in realtà, è solo il nostro. Perchè, siamo sinceri: agli altri, di quello che facciamo da soli, non importa nulla.
Sicuramente in Italia vivere da sola è un lusso. Le bollette ti ammazzano! Essere monoredditto, per giunta con partita iva e due gatti pancioni da sfamare, non è facile. Aggiungiamo che non mi faccio mancare quasi nulla tra libri, viaggi, varie ed eventuali.
Da quando ho aperto questo blog e trovato il bellissimo nome “Penelope esce sola“ ho detto che non è una dichiarazione di indipendenza. Io non mi sono mai pensata sola, e per quanto di animo un pò solitario, sono espansiva, accogliente, mi piace la compagnia, la confusione, condividere. Ma se per una serie di motivi mi trovo da sola, come in questo periodo, non metto in pausa la mia vita aspettando Ulisse o qualcuno che voglia fare delle cose con me. Vado, faccio. VIVO DA SOLA.
Credo che avere questa consapevolezza mi tranquillizzi. E dovrebbe tranquillizzare anche voi che mi state leggendo. Non serve essere per forza in due per vivere serenamente.
Certo. Insieme è più bello.
Ma avere la consapevolezza che si può vivere pienamente la propria vita “da soli”, non dà maggiore valore, forza, e senso, alla scelta di vivere “con qualcuno”?
Spesso mi sento dire che sarei “coraggiosa” a fare le cose da sola. Beh, forse si, perchè per una donna è una condizione non comune e questo mondo è ancora malato di patriarcato. Ma vedendo tante situazioni, credo ci voglia più coraggio a decidere di restare in storie finite, rapporti consumati, lavori svilenti… pur di non stare soli o senza la sicurezza di un paracadute.
Per quanto sia difficile, ormai cerco di assecondare solo i miei desideri e ciò che mi fa stare bene. E sono certa che “la me” che ho conosciuto “da sola” e che ormai è forte e non si nasconde più, sa stare benissimo con chi la corrisponde. Senza bisogno di adattarsi agli altri per paura di… restare da sola.
Scrive la Maestra Chandra Candiani in “Questo immenso non sapere”
Ho capito di essere una persona abbandonabile.
Non nel senso che non posso evitare l’abbandono, che mi è ovvio fin da bambina. Ma che lo considero una possibilità imminente e talvolta auspicabile. Un tempo pensavo di essere una che abbandona facilmente. Ora so che, anche se con dolore, sono abbandonabile.
Voglio dire che quando sento che non ci sono le condizioni per incontrarsi davvero, per intendersi senza troppa fatica, «abbandonami» è un invito liberante.
Non è obbligatorio tenermi, frequentarmi è facoltativo. E questo dà molta leggerezza e grazia all’incontro.
Come fanno le libellule e forse i volatili in genere. Può far molto male all’inizio, può atterrare ma poi piano piano si sente che sopra la testa e tutt’intorno si allarga un grande spazio libero. C’è piú sfondo e un sentore appena accennato di nuove possibilità. L’odore è l’esatto opposto dell’odore di bruciato. Un profumo fresco di bucato appena steso, di pavimento appena spazzato e poi lavato. Con cura. Con le finestre aperte.