La fragilità del cambiamento

Sono passati quasi quattro mesi da quel Nove Marzo 2020 che mai dimenticheremo, quando ci siamo chiusi in casa, tutti, per proteggerci da un virus invisibile (e che ancora, tra l’altro, c’è…)

Bastano quattro mesi per apportare dei cambiamenti nella propria vita?

Empiricamente, dico di si.
Se mi guardo intorno e se mi guardo dentro, tanto è cambiato di noi in quel tempo sospeso.

In realtà il mondo sembra aver ripreso i suoi ritmi come se nulla fosse accaduto. Ma quando sento dire che “non è cambiato nulla” capisco che chi lo sta dicendo è una persona che non si vuole prendere la responsabilità di essere lui per primo diverso, sempre in attesa che siano gli altri a fare e lui ad adattarsi.

Abbiamo attraversato tre fasi, ma in realtà ne abbiamo vissute mille. E tanta forza abbiamo scoperto di avere, perché è vero, a volte “bisogna farsi crescere le ali durante la caduta“, senza preavviso. Con quello che abbiamo.

Durante il lock down abbiamo avuto, tra le tante, una grande perdita, quella di Ezio Bosso. Un essere umano incredibile! Un esempio di vita, e poi… ecco un’altro terribile incidente, quello di Alex Zanardi. Ho un nodo in gola da quando è accaduto. Perché il suo esempio mi ha cambiato la vita anni fa, letteralmente, quando sentendolo raccontare come ha reagito al primo incidente in cui ha perso le gambe ho deciso finalmente di affrontare un mio problema a lungo trascinato. E in attesa che si riprenda anche questa volta, perché non posso credere che non succederà, sento che sta a me, a noi, essere i nuovi testimoni della ri-esistenza. Perché abbiamo bisogno di esempi, di esseri umani forti nella loro fragilità che ci mostrano come si vive da super uomini.

“Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa.”

Parlando di me. La mia ri-esistenza, auspicata nel mio ultimo post, è veramente iniziata. La forza di “ri-agire” per re-agire che mi ha tenuta viva in questi mesi è nata anni fa, proprio stimolata, come dicevo, dall’esempio di Zanardi. Ma anche da mia madre e da tutte quelle persone che non si sono mai arrese. Ora sta a me, a noi, andare avanti con la metà che ci è rimasta, senza vittimismo, senza attendere che sia il mondo a cambiare, diventare noi il cambiamento necessario.

Non voglio dire che non ho paura o ansia del futuro. Non voglio dire che dormo tranquilla, senza rimpianti. Nessuna illuminazione sulla via di Damasco per me. Ma ancora una volta mi trovo ad affrontare un presente che non avevo programmato, e mi trovo a non avere una visione di quello che sarà il futuro. Ho però più chiaro chi sono e anche cosa vorrei e posso fare, ed è da qui che scelgo, umilmente, di ripartire. Ancora una volta, e credo che non sarà nemmeno l’ultima.

Quando, poche settimane fa, ho finalmente potuto riabbracciare la mia famiglia, immergermi in mare, mi è sembrato un miracolo! Ci speravo… ma non ci credevo che sarebbe potuto succedere! Eppure, di nuovo, la vita ci ha accontentati!

Voglio raccontarvi di come ho finalmente trovato una nuova attenzione dell’uso del tempo. Sin da piccola odiavo non avere niente da fare, ma ora che ho potuto ascoltarmi, ho imparato a usare il tempo per pensare, studiare, capire cosa mangio, impastare pizze, suonare l’ukulele, stare con amici e famiglia e tempo per… cucire. Cucire parole, ricucire il mio cuore sparso in mille parti nel mondo. Buone pratiche che sto continuando a portare avanti.
E’ stato come un check up completo delle nostre esistenze, un ascolto sincero del nostro respiro e del battito del nostro cuore. Una nuova attenzione alla nostra essenza, a chi siamo interiormente, dato che tutto il resto era lontano da noi o non ne avevamo accesso. (Questo sguardo lo dovremmo tenere sempre vigile e attento!) Così mi sono ricordata di cosa volevo fare da grande. Sono rimasta senza lavoro, pur avendo firmato un contratto a tempo indeterminato solo un anno fa. Ma senza troppa meraviglia, perché non credo “a un tempo indeterminato”, piuttosto in un tempo determinato dalla volontà di fare un percorso insieme. Così, mi sono iscritta a un corso di alta formazione per imparare a progettare in modo partecipato. Perché in questo periodo di solitudine, è stata la mia rete di affetti a salvarmi, e sono sempre più convinta che è importante tornare a fare comunità.

Nuovi battiti, nuovi occhi.
Un cambiamento fragile, obbligato, in cui ci possiamo riscoprire forti.
Non so come sarà il mondo in futuro, ma credo che se ognuno di noi sarà se stesso e si concentrerà nella propria crescita di essere umano, abbiamo una possibilità.

Io proseguo con fiducia e persevero nel mio “uscire sola”, nel senso che ascolto i miei desideri e cerco di andarci fino in fondo. E quanto è bello, ora, guardarsi negli occhi, ri-conoscerci, e riprendere il cammino insieme.

E voi? come state?